Quant’è bello “Il Re Leone”? La sua poetica, le sue animazioni, le grandi voci di Gassmann e Solenghi; un piccolo capolavoro! Poi la Disney ha cavalcato l’onda ed ha deciso di produrre non uno ma due seguiti: “Il Re Leone II – Il regno di Simba” e “Il Re Leone III – Hakuna Matata” che hanno svilito completamente tutto ciò che c’era di bello nel primo. Ma cosa accade se una casa di produzione tedesca decide di rifare questi film utilizzando mezzi molto (ma molto) più scarsi?
“Il re leone e suo figlio” è un film d’animazione uscito in un anno non rintracciabile ad opera della “Dingo Pictures”. E’ il remake apocrifo de “Il Re Leone II – Il regno di Simba”. La “Dingo Pictures” è salita alla ribalta in Italia grazie a delle recensioni presenti sul tubo, come quella di “Dinosauri” (la loro versione di “Alla ricerca della valle incantata”) e quella di “Pocahontas” (taroccone dell’omonimo film).
La storia è (manco a dirlo) una versione tarocca dell’originale: Robyn, figlio del leone, diventa amico di Myomyo, figlio della pantera cattiva. Insieme cercano di ritrovare dei diamanti : oggetto di una fantomatica disputa nel capitolo precedente.
Iniziamo con l’aspetto più importante per un film d’animazione, cioè l’animazione: tutti i movimenti degli animali sono legnosi e finti e gli sfondi di dimensioni diverse sono incollati uno sopra l’altro senza il minimo senso della profondità.
Ma la cosa più fastidiosa di tutte è “il cambio d’inquadratura ad ogni cambio d’espressione dei personaggi” che in alcune scene porta a soffrire il mal di mare manco si fosse sul traghetto Civitavecchia-Cagliari in una notte di tempesta.
Altra nota di demerito per la scelta degli animali: in un film che ha per protagonisti dei leoni e delle pantere, ci si immagina che tutto sia ambientato nell’Africa nera, quindi con gorilla, coccodrilli e giraffe, ma quando si vedono apparire un orso bruno e uno scoiattolo si resta un po’ basiti: si mettono in dubbio tutte le credenze geografiche dello spettatore.
Infine parliamo del doppiaggio, affidato a due attori(?!?!) tedeschi (per tutti i personaggi) che parlano un italiano sgrammaticato e pronunciato malissimo, tanto che spesso si confonde una parola con un peto del protagonista Robyn; un doppiaggio talmente orrendo che, come direbbe E.A. Paul è assolutamente “Raz Degan approved”.
Un film che vale la pena guardare giusto per capire come NON devono essere i film d’animazione: lenti, noiosi, doppiati male e che durano solo mezz’ora (ci tengo a precisare che questa roba la vendono in DVD).
Da abbinare a questa visione, della tradizionale mortadella molisana. Perché se esiste l’orso africano, deve esistere anche quella!