Lungi dall’essere un contenitore pieno di risposte, il saggio di Denis Gaita, psicoanalista e musicista stravagante, è più uno scolapasta che filtra pensieri, il cilindro di un vecchio mago che sbaglia trucco, ma non risparmia se stesso, concedendosi con gioia e in tutte le sue debolezze, al proprio pubblico.
Denis Gaita stupisce non appena apre bocca : “non tutto si può dire”.
Strano.
L’autore si abbandona ad un registro di pensiero che in verità non dovrebbe appartenergli perchè non appartiene alla cerchia degli scrittori che tutto sanno e nulla tralasciano.
Chiunque legga un libro vuole senza dubbio conoscere o approfondire o semplicemente leggerlo per poi raccontarlo.
Il lettore più saggio sfogliando ” Il pensiero del cuore ” non potrà fare nessuna di queste tre cose .
Non potrà conoscere perchè l’analisi ipercritica che affronta Denis Gaita permette solo di perdersi come in un labirinto, nè approfondire qualcosa attingendo da chi confida di non capire nulla , nè raccontare l’avventura di queste pagine a meno che non vorrà finire nella trappola della chiacchiera.
Può solo interrogarsi ed è questo il fine ultimo del libro.
In un mondo così fitto di risposte , l’autore è la voce stonata, di un coro stonato anch’esso, che si tira fuori dagli schemi e con coraggio si pone mille domande.
Perchè ci sembra di aver già sentito questa musica ?Perchè questo disegno ci è familiare?Perchè un profumo ci rimanda a un dolce ricordo ?Perchè l’inquadratura di quel film sembra un sogno ricorrente?Cosa sono la musica il simbolo e l’incoscio ?
Attraverso i film di Hitchcock ,il Don Carlos di Verdi,la “Rosamunda” di Schubert, i sogni-rebus di persone in analisi,la “Semiramide” di Rossini , le canzoni di Battiato, la musica di Bach, i Beatles con “Eleanor Rigby”,una critica radicale al sapere universitario,un elogio (seppur non troppo sfrenato)del dilettantismo e molto altro, Denis Gaita ci addentra in un mondo fatto di simboli e codici che nessuno può rivelare, di musica e incoscio che non hanno una lingua nè un vocabolario.
“L’incoscio non ha parole come la musica”- dice l’autore.
L’acrobazia mentale , di cui ci avverte, a cui siamo soggetti e che ci tormenta fin da subito,ci affatica , ma presto ci permetterà di marciare seguendo il giusto ritmo.
E allora se il tempo sarà in levare dovremmo battere per fare bene…
Nell’incomprensione si inizierà , infatti , a comprendere che non bisognerà “spegnere le cose nei loro nomi o nei loro significati” , ma lasciarle cantare insieme ai dubbi della nostra mente.
Dubitare è un bene . Non sapere nulla è ancora meglio – si legge tra le righe.
Seguendo questa traccia socratica si inizierà ad avere diffidenza per il comunicabile e ci si potrà fidare solo del cuore e nemmeno di quello:
“Il nostro cuore è uno strumento incompleto, una lira dove manca qualche corda “.
E allora le proprie sensazioni non potranno mai esaurire il significato di una determinata melodia e così neppure la chiave di lettura più vera , l’emozione più viva saranno in grado di farlo perchè non sfuggiranno all’imperfezione che è propria dell’approssimazione della parola .
Tutto, però, farà parte del “pensiero del cuore”. Dell’irripetibile che è del soggetto.
E questo “tutto” ci dovrà bastare !
Cercare,infatti, di parlare della musica chiudendola in un discorso scientifico, un sapere enciclopedico, che la esaurisca è un ‘illusione.
Sarà meglio affidarsi “all’orecchio della mente” ,ad un curioso abbandono, al sentiero delle sorprese e alla passione di un dilettante che non sa nulla prima dell’esperienza. Che si emoziona cantando e ascoltando qualcosa, senza saper spiegare cosa avverte, con le parole sofisticate di un intenditore.
Denis Gaita qui sembra dire : come è banale parlare!
“Il racconto di un sogno,voce dell’incoscio conserva intatto il suo enigma nonostante ogni interpretazione” .
Dunque che vale spendersi in parole ?
Sarebbe forse meglio tenersi tutto dentro come quando si riceve uno schiaffo e non ci va di piangere.
Ma allora perchè questo libro ?
Se lo domanda Denis Gaita e sembra odiare tutto quello che ha scritto e detto perchè è passato attraverso il linguaggio che l’autore definisce “rumore di fondo” così come la musica.
Essa può solo muovere il cuore come questo bellissimo saggio che fa molto pensare , ma non si lascia tradurre. Decisamente TRASHIC !
cool!