Oggi si gioca la finale di Europa League allo Juventus Stadium di Torino. Il ventiquattro maggio prossimo c’è la finale di Champions League al Da Luz di Lisbona. In queste date si stabiliranno i vincitori delle due massime competizioni continentali per club. Due sfide che interessano tutta Europa, dalle quali uscirà la sfida della Supercoppa Europea, ma che vedrà protagonista la sola penisola iberica, con tre spagnole e una portoghese. Due sfide che, come molto spesso capita, ci vedono davanti alla tv mangiando gelato e piangendo ricordando i bei tempi che furono. Nel quarto d’ora di pausa tra il primo e il secondo tempo ci interrogheremo se fosse stato il caso di portare Toni e Gilardino ai Mondiali, se Florenzi e Criscito non meritassero di andare in Brasile, dimostrando ancora una volta di essere un popolo di commissari tecnici, oltre a poeti, santi e navigatori.
La finale dell’ex Coppa dei Campioni si disputerà al Da Luz di Lisbona e sarà Real Madrid – Atletico Madrid. Una sfida storica: mai un derby cittadino nell’atto conclusivo della Coppa. Come da previsione, nessuna italiana è andata anche solo vicina a giocarsi questa partita. La differenza tra le due squadre di Madrid è la stessa che c’è tra Leonardo di Caprio e Russell Brand. Il primo è ricco, bello, potente e invidiato, uno che si sceglie la fidanzata dando un’occhiata al sito di Victoria’s Secret. L’altro bruttino, ma simpatico. Quasi fa tenerezza, ma comunque è riuscito a trombarsi Katy Perry. Così il Real, arrivato in finale perché obbligato ad arrivare in finale, la cui rosa comprende il primo e il secondo giocatore più costoso della storia del calcio e in cui non c’è un calciatore con valore di mercato inferiore ai venti milioni di euro. L’altra, l’Atletico Madrid, squadra su cui nessuno avrebbe scommesso un euro, costruita con pochi soldi e tante idee, con un allenatore, Simeone, capace di portarla dalla zona retrocessione al primo posto della Liga in due anni. Due squadre diversissime, ma arrivate allo stesso punto.
Due filosofie e due modi di intendere il calcio talmente diversi da essere quasi in antitesi: l’ottimo lavoro dell’individualità per esaltare la squadra dei Galacticos, l’ottimo lavoro della squadra per esaltare le individualità dei Colchoneros.
Ci sarà anche po’ d’Italia al Da Luz. Veramente poca Italia, ma visti i tempi di magra ci si accontenta. Sulla panchina dei blancos siederà Carlo Ancelotti, emiliano. Uno dei più grandi allenatori della storia, il primo a portare la propria squadra in finale di Champions League quattro volte. Le precedenti tre con il Milan, quest’anno proverà a portare la tanto agognata decima Coppa dalle grandi orecchie ai madridisti. Nell’Atletico ci sarà l’emblema di ciò che non funziona nel calcio italiano, ovvero l’impazienza, la mancanza di coraggio che porta le società a non dare né tempo né fiducia a giocatori e allenatori. Sulla panchina siederà infatti Diego Pablo Simeone, mandato via senza troppi rimpianti dal Catania di Pulvierenti e ora corteggiato da mezza Europa. In campo scenderanno Diego e Tiago, quattro anni fa i giocatori che maggiormente incarnavano il fallimento della Juventus, allontanati da Vinovo come se fossero contagiosi. Sabato 24 si giocheranno la finale di Champions e a me, da Juventino, rode il culo che la metà darebbe comunque fastidio.
Ci sarà un po’ di Italia anche nell’altra finale Europea, quella tra Siviglia e Benfica che assegnerà l’Europa League. Sarà, come detto, italiano lo stadio dove giocheranno, quello della Juventus. E’ inoltre tutto orgogliosamente italiano il motivo per il quale Benfica è riuscito a consegnare al Portogallo il quarto posto nel ranking UEFA. Negli ultimi cinque anni nessuna squadra del BelPaese è riuscita a fare meglio delle lusitane. Fiorentina, Napoli, Udinese, Lazio, Milan, Juventus, Roma infatti, con la loro politica dello snobbare perennemente l’Europa League, riuscendo nell’impresa titanica di perdere contro blasonate realtà del calcio mondiale quali Dnipro, Ludogorets, Liberec e Slovan Bratislava, ci hanno portato a questa idilliaca situazione. Il tutto per amore del turnover, indispensabile per raggiungere gli obbiettivi del campionato: la salvezza, il terzo posto per puntare a “fare bene” nell’inarrivabile Champions League,. Il paradosso migliore lo regalano squadre come Udinese e Lazio, capaci di schierare le seconde linee in Europa League per non disperdere energie dei titolari impegnati in campionato nella lotta per arrivare alla zona Euripa League. Una serie di colpi di genio grazie ai quali siamo riusciti a farci scavalcare dalle varie Porto, Benfica, Sporting Lisbona, Sporting Braga e accomodarci fieri nel quinto posto. Quello italiano, attualmente, è il quinto miglior campionato europeo, dietro Spagna, Inghilterra, Germania e appunto Portogallo. Perdere posizioni adesso non compromette posti in Europa nei prossimi anni (tre in Champions League e tre in Europa League), ma fa perdere soldi e appeal. Inoltre essere scavalcati dal Portogallo è una discreta figura di merda.
L’unica che ha provato a fermare il declino è stata la Juventus, arrivata fino alla semifinale poi persa proprio contro i portoghesi del Benfica, vedendo infrangersi i sogni di disputare la finale a casa propria. Tutt’altro che altisonanti i nomi delle finaliste, tutt’altro che altisonanti i nomi dei calciatori che giocheranno per la coppa. E questo non fa altro che aumentare i rimpianti.