Ore 3:12. Dopo un viaggio di due ore sono appena rientrato a casa da quello che probabilmente è stato il miglior concerto a cui abbia mai assistito (sì, lo so, sono di parte). Vi ho già parlato dei Coheed and Cambria e del loro ultimo doppio lavoro, The Afterman: Ascension e The Afterman: Descension, e finalmente, dopo anni, sono riuscito a vederli al “New Age” di Treviso. C’erano un bel po’ di chilometri da macinare: alle 17 di pomeriggio, in compagnia di un buon amico, ci siamo imbarcati per questa avventura.
Arrivati nel punto stabilito intorno alle 19.00 aspettiamo l’apertura dei cancelli, prevista per le 21. Io posso entrare prima (possiedo un VIP Pass della madonna ed ho il diritto di fare un po’ come cazzo mi pare), per la precisione alle 20:30, ed ascoltare una performance acustica della band. Arriva per noi il momento di entrare, ma invece di suonare, la band improvvisa ed opta per un “Meet and Greet” (vedi foto qui sopra), vi lascio immaginare quanto diavolo fossi emozionato! Avevo incontrato la mia band preferita (sì, hanno scalzato i Mastodon dal primo gradino del mio cuore), ed ora non mi aspettava altro che vederli dal vivo.
Dopo un ritardo di quasi 50 minuti sulla scaletta “ufficiale” arriva il gruppo spalla, gli italianissimi “Caleb Car Crash” che, nonostante uno spettacolo più che sufficiente, mi hanno dato, durante l’intera performance, l’impressione di “Vorremmo tanto essere i Nirvana ma conosciamo troppi accordi, quindi proviamo ad essere i Seether”.
Poi, alle 23:40 arriva il momento tanto atteso. La logistica era perfetta: primissima fila. Di fronte a me Claudio Sanchez – frontman della band – in tutta la sua imponenza tricotica (che spesso durante il concerto mi fissava, come a dire “noto una certa somiglianza tra me e te”, o almeno così voglio pensarla!). L’impatto sonoro della prima “No world for Tomorrow“, mi travolge in pieno! La band è perfetta dal vivo: chitarre, basso, cori, batteria, tutto curato nei minimi dettagli. Il concerto continua con pezzi un po’ più vecchiotti come “A Favor House Atlantic“, fino a che non si comincia ad attingere dalle loro ultime due fatiche: e diventa il momento per “Sentry the Defiant” e “Goodnight, Fair Lady“.
La band è un vero e proprio rullo compressore, non si ferma mai, inanellando uno dopo l’altro moltissimi dei loro pezzi più amati, come “Here we are Juggernaut“, che ha fatto letteralmente esplodere il New Age. Dopo la lunghissima (ma non pesante, anzi, forse miglior pezzo della serata) “In Keeping Secrets of Silent Earth: 3“, viene eseguita la classica finta uscita di scena con un finale degno del miglior live di sempre: “Domino the Destitute” e, per concludere, la loro super-celebre “Welcome Home“. Un concerto impeccabile se non fosse stata per la scarsissima affluenza del pubblico, circa 80-100 persone, che però, nonostante tutto, è riuscita a fare casino come si conviene in queste occasioni.
Una band meravigliosa dal vivo, che tutti dovrebbero conoscere (lo stesso Sanchez a fine concerto ha detto “Noi siamo i Coheed and Cambria, consigliateci ai vostri amici e se non gli piacciamo, mandateli a fare in culo!”), e che in 12 pezzi (circa 90 minuti) è riuscita a dimostrare a tutti il proprio incontestabile valore. Peccato per chi non c’era. Per chi c’era, e per il sottoscritto, vera goduria.