Spotify è un mezzo potentissimo; basta “followare” una band che ti appaiono subito una serie altri artisti che potenzialmente dovrebbero piacerti , lì pronti da “followare” a loro volta. In più è possibile cercare playlist create da altri -che non conosci- magari dedicate ad un solo genere: è in questo modo che ho incontrato sulla mia strada i Destiny Potato.
I Destiny Potato sono una band europea, per la precisione di Belgrado: il loro debut-album, intitolato “Lun” è del 2014. Propongono un genere assolutamente contemporaneo: il djent. Ma non si sono fermati qui: questi quattro ragazzi hanno aggiunto un tocco personale grazie alle precise scelte vocali apportate da Aleksandra Djelmas, gli inserimenti di musica balcanica e l’utilizzo di strumenti poco consueti per per questo genere, come violini e fisarmoniche.
Dopo l’introduttiva “The Build Up”, l’album si apre con “Indifference”, traccia che ha nei suoi primi secondi un riff a dir poco geniale del chitarrista/tasierista e mente del progetto David Micic; il pezzo si evolve tra ritmiche molto cupe in poliritmia in cui la voce melodica, e in alcuni casi molto elaborata, rende tutto l’ascolto molto più semplice e facile da digerire al primo ascolto.
Dopo quello che è probabilmente il pezzo più orecchiabile di tutti, “Love Song”, si arriva a “Lunatic” . Quello che sembrerebbe un pezzo metal con influenze balcaniche è in realtà l’esatto contrario: le melodie, i ritmi e i suoni sono quelli tipici dell’est Europa mentre le chitarre, la sezione ritmica e la voce in growl del chitarrista Dusan Andrijasevic si “limitano” a rendere il tutto più “cattivo” ma mai eccessivamente snaturato rispetto all’idea di partenza. Andando avanti con l’ascolto si arriva a “Blue Sun”, una canzone molto complessa in ogni sua parte, con un lavoro spaventoso del batterista Milan Yeqy: una seria di cambi stilistici, di ritmo e di genere molto rapidi e veloci che riesce a scandire perfettamente, anche grazie alla sua capacità di “strafare” solo quando ce ne sia realmente bisogno, senza appesantire il sound. Nota di merito in questa traccia anche per la tastiera suonata dal già citato Micic.
Il capolavoro di quest’album però arriva subito dopo: “U.Y.M.”.
Qui ogni singolo elemento della band sembra fornire il 150% di sé: chitarre che spesso si intrecciano (soprattutto nell’assolo), linea melodica molto metodica ed estremamente complessa, tastiere calibrate ed inserite solo nel momento giusto e sezione ritmica che non sbaglia nulla e trasporta con pathos sempre verso un continuo crescendo.
Questi ragazzi provenienti dalla Serbia sanno il fatto loro e questo lavoro permette a tutti di apprezzare il loro lavoro e la loro creatività. Se questo è solo l’inizio personalmente non vedo l’ora di sentire il seguito.
In questo link trovate il loro album su Youtube. Non perdetevi questa perla che – davvero – stupisce ad ogni ascolto.