Non spariamo cazzate, la musica italiana è viva e vegeta, ma vogliono farci credere che sia solo soft pop o musica leggera.
Se già vi abbiamo parlato dei “Management del dolore post-operatorio”, oggi vi parliamo di una band che propone un genere completamente diverso rispetto ai tipi di Lanciano, i lombardi Destrage, con il loro ultimo “Are you kidding me? No”.
Dopo il precedente ottimo “The king is fat’n’old”, datato 2010, e la firma per la “Metal Blade Record”, il quintetto era alla classica prova del nove, infatti avevano solo due opzioni: un flop clamoroso o un buon album; grazie alla loro vena creativa sono riusciti a prendere la terza via: il capolavoro.
Parlare di loro mi risulta veramente difficile, infatti dopo due lavori molto complessi ed appassionanti all’ascolto, questo terzo plasma un sound unico, inconfondibile ma non assimilabile a null’altro di tutto ciò che c’è in circolazione fino ad oggi nel mondo del rock e del metal. Ci sono molte influenze assimilabili ai Protest the Hero, stacchi frenetici come i Persefone, tempi dispari e strutture simili ai Tool, ma tutto questo è stato unito, digerito e risputato con una concezione personale assieme a degli sprazzi di originalità che colpiscono l’ascoltatore sin da subito.
L’ascolto di questo album, se volessimo fare un esempio, è come mangiare una pizza capricciosa, la migliore del mondo, con l’impasto perfetto e il pomodoro appena colto, ma con una piccola differenza: in questo caso i funghi sono allucinogeni. Ogni traccia è un mondo a sé che unisce frenesia, violenza, melodia e ordine. Tutti questi concetti convergono durante l’ascolto e diventano materia affine.
Ognuno dei 5 elementi dei Destrage è un fenomeno del proprio strumento. Un esempio emblematico è quello del batterista Federico Paulovich che, nonostante sia (secondo me) il miglior batterista in italia, per vivere di musica è stato turnista per Loredana Errore (e la domanda che vi faccio ora è: ve la ricordate questa qui che ha vinto il disco d’oro?).
Quest’album è, fino ad ora (e molto probabilmente fino al 31 Dicembre) il miglior album dell’anno per sound, idee e carica. Probabilmente non tutti riusciranno ad apprezzare e a capire al primo ascolto, ma vi consigliamo di concedergli una possibilità. Non appena questo lo assimilerete non potrete più farne a meno.
P.S.:
Oltre ad essere geniali nel mondo della musica, sono anche dei fenomeni del videoclip; oltre al precedente “Jade’s Place” (pezzo presente nel già citato “The king is fat’n’old”), vi consigliamo la visione del loro ultimo “My green Neighbour” che potrete vedere qua sotto.