Dopo la bellezza di 4 anni di silenzio tornano, con il loro irish punk travolgente, i Dropkick Murphy’s con il nuovo, geniale , “Going out in style”.
L’LP, che vanta collaborazioni di un certo calibro, è un concept album sulla vita del fantomatico Cornelius Larkin: dall’arrivo in America dall’Irlanda fino alla morte.
L’apertura è affidata alla divertentissima “Hang’em High”, cantata da tutto il gruppo in coro al posto del classico intreccio vocale Barr/Casey, con una struttura musicale che si basa tutta sulla cornamusa di Wallace.
Subito dopo tocca alla title track, nonché primo singolo estratto, che per ritmo, cadenza e melodia vocale ricorda molto un loro vecchio cavallo di battaglia (“The spicy McHaggis Jig”). Per questa traccia collaborano Lenny Clarke (comico americano e padre del chitarrista James Lynch), Chris Cheney dei Living End e il mitico Fat Mike dei NOFX, che clamorosamente non è il featuring più celebre nell’album. Da segnalare il videoclip: dopo il matrimonio irlandese di “Walk Away”, ecco un funerale irlandese!
La quarta traccia è “Cruel”, vera e propria ballata country più che folk, con un flauto di sottofondo che rende l’atmosfera quasi da falò. L’allegria torna subito con “Memorial day”: flauti, banjo, chitarre elettriche ed acustiche si fondono perfettamente fino a creare il classico clima irlandese.
Il climax culmina in “Climbig a chair to Bed”, una canzone che fa quasi venire voglia di uscire con quattro amici per chiudersi in un bar a sbronzarsi di Whiskey; notevoli le parti con fisarmonica, batteria e banjo, soprattutto l’assolo di banjo a dir poco spettacolare della parte finale.
A questo punto chiudete gli occhi, stendetevi nel letto e fate partire “Deed don’t Words”, una canzone che vi catapulterà immediatamente nei verdi prati irlandesi grazie ad un intro di cornamusa azzeccatissimo, per poi aprirsi nel classico stile del combo di Boston; forse la miglior traccia dell’album dopo “Going out in Style”.
Particolarissima “Take’em Down”, suonata solo con fisarmonica, banjo, chitarra acustica e voci in coro, e forse è questo il miglior talento dei Dropkick: passare da uno stile all’altro con una naturalezza disarmante.
Si passa poi alla struggente “1953”, in cui il blocco di strumenti popolari si presta benissimo a costruire l’atmosfera del funerale di Cornelius.
L’album poteva chiudersì così e sarebbe stato perfetto, ma a loro la perfezione non basta. Concludono con due cover: la prima è “Peg o’my Heart” (scritta da Alfred Bryan e Fred Fisher), con la collaborazione di un noto cantautore che li ha sempre definiti il suo gruppo preferito: niente meno che Bruce Springsteen, The Boss.
L’ultimo pezzo è “The Irish Rover” (canzone tradizionale irlandese), molto allegra e perfetta come chiusura sia per un album che per un live.
I Dropkick sono tornati in grande stile, con un album da ascoltare a tutti i costi.
Un consiglio: ascoltatelo con la compagnia giusta e tanta tanta birra…non ve ne pentirete!