Qualche giorno fa ho assistito ad un concerto: MAPUCHE@Forte Fanfulla. Per entrare bastava la tessera Arci e l’atmosfera era calda e piacevolmente intellettualoide. Una parete stracolma di libri (per la maggior parte di piccole e medie case editrici), tavolini vintage, musica trash di sottofondo (prima che il gruppo cominciasse a suonare) e luce soffusa. Il mio habitat. (E’ un posto che vi consiglio insomma, se vivete a Roma.)
Seguo le vicende della Doremillaro (sb) Recs da parecchi mesi ormai e non potevo perdermi la loro discesa (o salita) capitolina. Finito il concerto Peppe Schillaci (boss Doremillaro) mi presta un registratore fantastico, uno “zoom h1” (se avete soldi da spendere è IL registratore voci definitivo) per salvare al meglio la mia chiacchierata con Enrico Lanza: voce e anima di Mapuche.
Se esistesse un’estetica musicale “canonica” (ed esiste, è quella che ci portiamo dietro dagli anni ’90 o forse pure dai tempi di Dan Harrow…) voi sareste dei completi outsider! Che valore dai all’estetica e al bello?
Io non aspiro al “bello”. Preferisco il “funzionale”. Credo in questo. Se penso “Bello” invece mi viene in mente Ciampi (il cantautore, non Carlo Azeglio ndr), per me il “bello” deve possedere qualche mancanza, per me “bello” è un film di Herzog. Però preferisco usare il termine “raffinato”, anche un certo tipo di scrittura seppur violenta e cruda può essere considerata raffinata. Per me il bello deve nascondere qualcosa di marcio.
Il bello canonico e in senso lato invece è una trappola ed è spesso legato all’idea di intrattenimento. Intrattenere e compiacere il pubblico non è un mio obiettivo. Non contesto chi lo fa, ma io davvero non aspiro a quello.
Quello che scrivi dà l’impressione di essere molto autobiografico. Racconti spesso le storie di un individuo con una propria sensibilità e timidezza in un contesto dove vince chi esterna il peggio di sé. (E’ più personale “Faccio schifo al Cazzo” o “La parte peggiore“?)
Quello che dici è abbastanza vero. Nel caso specifico hai scelto forse i due pezzi più autobiografici. Raccontano praticamente la stessa cosa, ma in tempi diversi.
“Faccio schifo al cazzo” è la descrizione di una caduta, di un cedimento, “La mia parte peggiore” invece è più un tentativo di ripresa.
Tu sei siciliano (come me), in sicilia ‘sto periodo siamo messi abbastanza bene per quanto riguarda il panorama -più o meno- underground (Colapesce, Dimartino, Nicolò Carnesi, Iotatola, Pan Del Diavolo, Percussonici…)
Quelli che hai nominato mi piacciono più o meno tutti. Lorenzo (colapesce ndr) lo conosco bene non è un novellino della scena. Credo però che si tratti solo di un caso, non ritengo ci sia un clima, una condizione particolare che abbia fatto da input. Basti notare che tutti hanno un codice artistico molto diverso tra loro. Sono individualità di livello, ma non è come la Roma degli anni ’70, lì c’era un contesto storico importante e idee comuni…
Quanto è stato importante il tuo rapporto con la tua città (Catania)? Ha avuto un ruolo?
Catania si ama o si odia. Ci sono momenti in cui la adoro e momenti in cui mi sta stretta. Poi basta una giornata di sole e una capatina al bar sotto casa, e ti abbraccia col suo lato migliore. E’ una città ingannevole. Tutta la sicilia è un posto strano e ingannevole. Certi contesti, certa caciara, certe situazioni DOC (non necessariamente positive) non possono che generare nostalgia. E’ difficile per un siciliano non provare una certa malinconia lontano dalla propria terra.
Enrico Lanza non è solo Mapuche. Fai parte infatti di un altro progetto targato Doremillaro (sb) Recs: i Bestiame! Cosa cambia per te nel momento della creazione artistica?
Cambiano clima e modalità. Con Mapuche posso creare ovunque , in camera mia , solo con chitarra e voce. Già in partenza cambia tutto, basta un riff e qualche frammento di testo. Anche l’impatto in chiave interpretativa è diverso, Con Mapuche restiamo nell’ambito del cantautorato. Coi Bestiame già l’approccio è più violento e crudo. Nei Bestiame riesco davvero a dare il peggio di me.
I tuoi testi sono spesso etichettati come cinici e blasfemi…
Tu poco fa hai citato Lolli (Claudio, cantautore. E Sì, l’ho citato chiacchierando al di fuori dell’intervista ndr). Lolli venne etichettato come il cantore della sconfitta.
Il mio modo di scrittura, la mia visione nasce in quel modo. Non so se in un’altra fase sarò ancora cinico e blasfemo.
Io comunque la vedo così: per me essere cinici non significa essere neri e negativi. Secondo me uno è più negativo se vuole farti credere che fuori c’è il sole e il mare è pieno di cozze. Vedo più negativo quel tipo di approccio.
Un brano di Mapuche non deve essere semplicemente cinico e provocatorio. Deve entrare in un certo ordine, diverso dall’idea testuale. Deve essere strutturato da un complesso di cose: testo, melodia, riff. La mia ambizione massima non è il cinismo ecco.
Che generi ascolti?
Tu diresti che gli Smiths siano un gruppo abbastanza canonico…
Sì (sputatemi pure addosso, ho la profondità di un bidet ndr).
…e invece in quello che scriveva Morrisey trovo molte affinità col mio modo di vivere. Quello che scrive lo trovo condivisibile. Gli Smiths sono un gruppo che amo molto. E non dimentichiamo Nick Cave. Per quanto riguarda l’italia ascolto spesso De Andre, Ciampi e Flavio Giurato.
Consigliaci un paio di autori da ascoltare…
Mauro Pelosi : in particolare l’album omonimo, poi “Al mercato degli uomini piccoli” e “La stagione per morire”. Anche lui era molto negativo ma molto incentrato su se stesso (a differenza di uno come Lolli che era più concentrato sul sociale). E poi Flavio Giurato.
Noi vi lasciamo con uno dei pezzi più nichilisti di Mapuche: “Fogna”.