Giuseppe Casa, scrittore, ha publlicato fra gli altri: Veronica dal vivo (Transeuropa 1998 – Baldini Castoldi Dalai 2004), La notte è cambiata (Rizzoli 2002), I persecutori (Transeuropa 2006), Pit Bull (Nuovi Equilibri 2007, Ladolfi Editore 2013), La donna del lago (Lite Editions 2012), Blues (Koi Press 2012), Metamorph (Foschi 2013).
Nel 1978 il punk in Inghilterra esalava gli ultimi respiri e al festival di Sanremo la debuttante Anna Oxa si presentò con un look alla Siouxsie dominando per qualche settimana con “Un’ emozione da poco” la classifica dei singoli. Questo per chiarire subito un punto e per capire come l’andazzo non sia cambiato. Lo star-business – con la sua suddivisione degli artisti in Superstar, Star e Sconosciuti; con il suo acuto riconoscimento che nulla spinge un prodotto quanto un personaggio – è un posto davvero orrendo che tiene conto di tutto tranne della musica. Sto parlando naturalmente degli artisti dell’intrattenimento i cui dischi non sono meno gradevoli per il fatto di somigliare l’uno all’altro. Anzi, il successo di certa musica è dovuto proprio per il sicuro conforto fornito dai loro mondi familiari.
Perché una small label dovrebbe produrre musica? La domanda al condizionale mi riguarda molto da vicino perché è la stessa che mi faccio quando un piccolo editore decide di affrontare il mercato dominato dalle multinazionali pubblicando un mio romanzo. Non che i miei libri si rivolgano a un pubblico di nicchia. Non hanno niente di complesso né di sperimentale. Piuttosto mi sembrano piccoli libri un po’ stravaganti ma sinceri, onesti, con un sogno volontario dentro.
Cos’è la musica, dopotutto, se non un sogno volontario? I musicisti vanno in cerca di materiale per costruire un sogno che sia vivido e significativo. E’ per questo che scrivere musica di qualità non è quasi mai facile. Se l’artista non si mette personalmente a rischio – se per lui o per il suo disco non è stato, in qualche modo, un’avventura dell’ignoto; se non è scaturito da un problema personale di non facile soluzione, allora il disco non merita di essere ascoltato perché è scadente, furbo e appariscente, vacuo e puerile, come il primo disco di Anna Oxa.
L’etichetta MarteLabel nasce nel 2008 come naturale evoluzione della sezione musicale di MarteLive (attiva dal 2001). Un progetto globale teso a modificare la posizione della musica e dell’arte in generale, nell’ambito del mercato, con una miriade di iniziative, non lesinando l’aiuto a chiunque avesse qualcosa di buono da proporre e difficoltà a farlo circolare. Seguo quest’evento romano da parecchi anni, devo molto all’eminenza grigia che c’è dietro perché così ho conosciuto un bel po’ di quella musica che dice esattamente come mi sento e chi sono. Sarò pure un depresso in preda al dramma esistenziale o magari un idiota contento, ma molti dei progetti ideati da MarteLabel sono cugini dei miei romanzi. Parlano la stessa lingua. “Un professore ha già confessato/Ogni concorso era truccato”, Norman, oppure “Probabilmente la condizione è irreversibile/probabilmente la soluzione è distruggere.” da Auff!. L’eminenza grigia (ha soli trentasette anni) e si chiama Giuseppe Casa o Peppe Casa, e qui le cose si complicano, al punto che mi sento preso da una crisi d’identità. Perché lui è quello bravo, quello che si occupa della musica; la cura, la produce, la distribuisce e la promuove. La sua lunga, e temo dura, esperienza in campo musicale gli ha permesso dal 2008, aiutato da uno staff tecnico indiscutibilmente di valore (Claudio Coticoni, Francesco Lo Brutto, Danilo Grossi) di invitare le band più convincenti a incidere per la sua piccola etichetta. Ne esce fuori un cantautorato elettrico impossibile da catalogare, una vera rivoluzione rock-pop che cresce modellandosi su atteggiamenti e sonorità nati nelle sottoculture giovanili, completamente al di fuori dagli schemi della grande industria discografica. Citano irriverenti; punk, ska, noise rock, hard rock, jazz e pop, fottendosene allegramente delle regole. Sono colti. Sarcastici. Dissacranti. Romantici e hanno talento (da vendere), ognuno, nel proprio stile, i testi sono avvolti di mistero e magia, parole più eloquenti di centinaia di romanzi autobiografici o semi tali pubblicati di recente, e la musica sembra esprimere la “colonna sonora originale” di una condizione interiore che nasce dalla sacca di dolore e di disagio sociale in cui siamo costretti a vivere. Dalle session dal vivo di MarteLive sono passati i Nobraino, Management del Dolore Post-Operatorio, Dellera, Marzia Stano aka UNA, Underdog, Petramante, Giacomo Toni, Inbred Knucklehead. Tutti prodotti e distribuiti da MarteLabel. Vederli insieme in occasione di un tour estivo al Villaggio Globale di Roma, e conoscerne qualcuno di persona è stato uno degli eventi più memorabili della mia vita di fan di musica rock. E ora quando sento “Il Numero Otto” dei Management o “Il bevitore longevo” di Giacomo Toni”, “Molto Bello” di Una o “Il tema di Tim e Tom” di Dellera non posso fare a meno di pensare e riprovare i brividi lungo la schiena che quella serata mi ha procurato.
E’ auspicabile che un critico musicale autorevole si prenda a cuore il destino di questi artisti e dell’operato serio di questa Small Label che non usa pulsanti, truccatori o penne di struzzo per scovare l’X factor ma la sensibilità e la capacità di Giuseppe Casa & Co. Qualcuno ha detto che i Baudelaire di oggi sono i cantanti. E’ una questione di attualità. Anche se Luca Romagnoli, il front-man dei “Management”, ci avverte con spirito bohémien che Baudelaire, Rimbaud, Bukowski, Edgar Allan Poe non hanno nulla di speciale e di stare attenti ai miti che ci scegliamo. Penso a quei fan sfegatati dei Genesis o dei Depeche Mode, oppure di Eros Ramazzotti, con la loro scarsa collezioncina di CD elegantemente disposta in uno stupido raccoglitore di design Ikea, che fa anche d’arredo. Non possono sostenersi tutti i giorni e ad ogni occasione con questa musica. E’ necessario ricevere nuovi input, perché il rock è fatto di freschezza, ha bisogno della traccia numero sei di un gruppo d’esordio sconosciuto scoperto per caso ascoltando a notte fonda una radio locale. Tuttavia, la forza motrice di un artista risiede nella testa non nel numero dei fan, e se la musica alternativa vivrà a fatica, sopravvivendo nelle crepe e nei solchi della cultura di massa, forse verrà presa sul serio, come uno spettacolo in via d’estinzione che consente di scorgere, nel fallimento, una speranza. Sarà la storia a giudicare se MarteLabel si rivelerà una piccola etichetta all’altezza di altre piccole e importanti etichette del passato, come la Sub Pop, la Rough Trade o la Factory: ho il sospetto che i suoi dischi non cambieranno ancora una volta il nostro modo di vedere il mondo, e non posso dire che me ne importi più di tanto, ma le sarò sempre grato per aver creato in me quel bisogno narcotico di ascoltare e riascoltare molte delle sue canzoni.
Giuseppe Casa