In una umida serata di fine agosto capita di trovarsi a passeggiare tra le silenziose vie del centro di Modica, città siciliana del profondo Sud Italia. Affaticati dalla calura estiva, ci si siede sulle scalinate del Duomo di San Giorgio, pretesto per poter ammirare il suo fascino barocco. Ciò che non ci si aspetta è percepire dei suoni, una sinfonia di note che si disperde nell’aria, e venire a conoscenza della musica dei VeiveCura.
Il progetto, la cui mente è il pianista Davide Iacono, nasce a fine 2008 e le illustri collaborazioni non tardano ad arrivare: Moltheni, Amor Fou, Cesare Basile, condivide persino il palco con Franco Battiato in occasione dell’evento culturale Salotto Musa. L’esordio discografico, Sic Volvere Parcas (2010), pone la sua firma e quella di una serie di musicisti (archi e fiati) che lo accompagnano tutt’ora in questa avventura musicale; l’album testimonia sin da subito le qualità compositive dell’artista modicano attraverso canzoni strumentali dal ritmo cadenzato, razionale e, per certi versi, sommesso. Esattamente due anni dopo vede la luce il seguito, Tutto è Vanità, sul quale è doveroso soffermarsi.
Le timide note di un piano bussano dolcemente all’orecchio dell’ascoltatore, è l’alba di un nuovo viaggio, è L’Alba dentro. Il gruppo si presenta al completo nella seconda traccia, Di Roccia (di cui è stato girato pure un video), in cui l’autore si appella alla dea Nike, dea greca della vittoria, affinchè possa alleviare il dolore di un passato fatto di ombre in favore di ricordi felici ed imperituri. Vale la pena tirare già qualche conclusione. Come in tutto l’album, il piano costituisce la spina dorsale della canzone, mentre strumenti a fiato, a percussione e archi arricchiscono il tutto con brillanti linee melodiche di contorno, in perfetta armonia. Proprio la volontà di spingersi al di là della forma statica e lineare di Sic Volvere Parcas rappresenta la principale novità di questo lavoro, che dà spazio ad accelerazioni repentine e istintive, rendendo alcuni brani dinamici, solari, coinvolgenti. Delfini, come Delfino Io, Delfino Tu, non solo è l’emblema di questa evoluzione sonora, ma riesce a trasporre in musica, con notevole maestria sonora, i movimenti sinuosi del mammifero, ben più alta metafora dello spirito puro e libero da ogni costrizione esterna. E non importa se ci tornano in mente i Sigur Ròs di Með suð í eyrum við spilum endalaust, al quale sicuramente Davide Iacono avrà dato più di un ascolto. I momenti più riflessivi, ma non meno intensi, ci sono e si chiamano Cara Vana, sfida poetica alla frivolezza della vacuità, e Correnti del Nord e del Sud, brano interamente strumentale dai toni eleganti. Ciuri (‘fiori’ ma anche ‘chiudi’, in dialetto siciliano) sa di addio, un addio sublimato dai ‘cori’ di sottofondo del finale; preziosa, a tal proposito, l’incursione della chitarra elettrica. Tutto è Vanità termina nello stesso modo in cui è iniziato, si congeda con le flebili note di un piano che decreta il traguardo dell’opera.
Una spirale di emozioni colorate, dal sapore gradevole e dall’odore intenso. A voi la parola.