La mia mamma lontana: mamma chioccia a distanze sovrumane. Da quando sono partito, svuotata della mia calda metastasi.
Potrei telefonarle, non perdere tempo a scrivere; ascoltare la culla che è la sua voce, memorizzarla, registrarla su cassetta e farne una copia, dieci copie, mille per quando farò fatica a ricordarla.
La Luce Prima di leggere il canto alla madre di Tonon, era diversa. Mi sono svegliato e ho capito che non c’è tempo da perdere, ho giusto il tempo che mi resta: immagazzino da oggi ogni suo respiro d’amore, ogni suo aroma, ogni sua tattile fragranza di madre devota. Io, figlio ingrato, riuscirò almeno a ricordarla come si deve, anche solo a me stesso? Madre mia, amore mio, sappi che piango ogni giorno per quello che ancora non è successo e so che accadrà, è l’unica cosa che so, vorrei non sopravviverti, ma sarebbe forse come ucciderti ogni giorno fino all’ineluttabile, preferisco allora che si compia il disegno naturale che muove il mondo, il divertissement che ci soggioga da che apriamo gli occhi alla luce di questa cupa terra.
Dice bene la Murgia, non sono innocente, non lo sono, ho perso ogni dignità: ad ogni parola cadevo più in basso, e ad ogni pagina regredivo. Sono il figlio nemico; come tutti nemico carnale, antropofago e anacronistico pezzo di merda. Scusami amore mio, mia Domina e Madonna.
L’amore in LA LUCE PRIMA è straziante; pornografico più dell’amore per la MAMMA di Parente perché totalmente nudo: qui non si recita ma si marchia a fuoco il foglio con il proprio malessere luttuoso; non si parla di vagine ipotetiche, di metafisica creazione, ma delle labbra che per il banale miracolo della nascita si dilatano al mondo.
Tonon si spoglia per regalare non un requiem, ma l’eternità alla madre. La Mamma antonomastica.