Prendete il cast di Beverly Hills 90210 e inseritelo nel contesto accademico della Milano di Lucignolo e Studio Aperto.
Non serve altro per immaginarsi l’atmosfera e gli accadimenti di Milano Horror, opera superpulp di Paolo Gamerro.
Ci sono due fratelli molto cool (i Pugliara) che dividono l’appartamento da universitari, e uno dei due è la copia sputata di Dylan, il bello e impossibile della saga losangelina. O meglio il suo doppelgaenger.
E poi c’è un terzo inquilino poco presente, molto schivo e apparentemente pericoloso. Ma forse non serve a niente. Forse.
Ci sono le ragazzine idiote tutte Gin-Lemon-e-cantanti-improponibili, i semi-vip che trasudano tristezza e i reietti rinnegati dalla vita e da madre natura. C’è – insomma – la fauna tipica dell’happy hour e del cortile universitario tra un’ora e l’altra.
Il mood è denso e fumoso e fin dall’inizio si respira un presagio di morte che non ci abbandona per tutta la lettura.
Nonostante il contesto giovanile in cui si sviluppano le vicende sia ovviamente frivolo e libertino – in una parola universitario – l’aria che si respira è continuamente appesantita da tensioni macabre che incollano gli attori sul piano orrorifico voluto dall’autore.
Come puoi stimare una donna se ti imbottisci di TV? Come?
Un po’ alla American Psycho (guardate almeno il film, se leggeste il libro sarebbe il top ma non pretendiamo mica tanto) si critica il consumismo, praticandolo all’estremo, si critica l’eccessiva sopravvalutazione dell’apparire sull’essere imbottendo la rete di filmati porno autoprodotti e masturbandosi di fronte alla webcam.
Milano catalizza mode e schizofrenie, e nel pieno dell’allarme “EUROPEA” (l’ultima pandemia definitiva sponsorizzata dai TG) le esistenze caotiche di questi giovani “bravi” ragazzi si spengono un giorno dopo l’altro tra passatempi disgustosi, maratone cinematografiche e aperitivi inutili.
Milano Horror proprio non lo consiglierei al genitore di uno studente fuorisede, perché pur enfatizzando (neanche troppo) i fatti, racconta con onesta violenza sfaccettature del quotidiano generazionale ormai più che note e assolutamente realistiche nella loro efferatezza grottesca e – perché no – ottusa da “Cronaca Vera”.
Gamerro è un critico attento e senza peli sulla lingua, non si salva praticamente nessuno ed ha ragione, ché la nostra generazione non ha perso; è che proprio non sa quale sport si stia giocando.
(^^^)