Mi capita ultimamente di cercare musica sempre più strana e contorta.
Questo mi porta, nella maggior parte dei casi, a concentrare la mia attenzione su quelli che sono i “piccoli recensori” del tubo, in particolare quelli che si concentrano su un genere e tutte le sue derivazioni.
Grazie a questo mio “metodo di ricerca” mi sono imbattuto in uno degli album più strani degli ultimi anni. Sto parlando di “Grand Guignol Orchestra” sesto lavoro dei “Pensees Nocturnes”, uscito nel 2019.
La band è un progetto francese dietro il quale si cela una sola persona, Vaerohn, che si occupa di tutto: dalla registrazione di ogni singolo strumento, alle parti vocali, per poi avvalersi di vari musicisti occasionali durante le esibizioni dal vivo. Il suo stile è caratterizzato da un insolito amore per il “Grottesco” e per quella che è la cultura storica francese di inizio secolo.
Questo comprende pertanto anche la musica dei teatri, quelle che si suonavano nelle case chiuse, fino ad arrivare alle arti circensi, da cui prende spunto questo suo ultimo lavoro.
Un cazzotto nei denti ad ogni “play”; benché ci si trovi davanti a della musica circense, il mix con i toni e gli stili più estremi del Black Metal gli conferisce una vera e propria traslazione di genere.
Non a caso il sottotitolo di questo lavoro è “Boucherie dans le Cirque”.
Vi sono un sacco di richiami alla musica di inizio secolo, troppi per poterli citare tutti. Il tutto mescolato a questo Black Metal che come sulle montagne russe continua ad accelerare e rallentare inebriando l’ascoltatore per tutti i 48 minuti dell’album.
A causa di questo melting pot musicale tutti i brani sono ugualmente validi ed ugualmente interessanti, al punto che non si può decretare che un brano sia migliore di un altro. Mai come in questo caso, l’ascolto è molto influenzato dal proprio gusto personale.
Ad esempio, nel mio personalissimo caso potrei citare la traccia d’apertura “Deux bals dans la tête” che mi ha colpito già nei primissimi secondi con una contrapposizione di fiati e sezione ritmica che danno vita ad una sinfonia vivace ed energica, con chitarre cacofoniche e voce in scream.
Una nota a parte mi sento di farla per la terza traccia dell’album, “Poil de Lune” che inizia con il brano “Titine” di Charlie Chaplin e che in seguito si trasforma in chiave Black Metal ed a metà traccia ha un brusco intermezzo in stile Tango, cosa che rende questa canzone una delle cose più allucinanti, ubriacanti ed interessanti che io abbia ascoltato negli ultimi tempi.
Sicuramente è un album che vi consiglio, ma vi avverto: dovete avere uno stomaco abbastanza forte per arrivare fino alla fine. Semmai riusciste a farcela e a concluderne l’ascolto senza traumi, vi assicuro ne sarà valsa la pena.
In ultimo ma non per importanza, il mio consiglio più sentito per voi nel caso vogliate cimentarvi in quest’avventura è di ascoltare questo lavoro da sobri e, soprattutto, con le luci accese. Fidatevi.