Tipicamente, quando si vuol parlare di musica per “intellettuali”, o per “persone che ne capiscono”, il primo genere che viene in mente è il jazz, perché possiede canoni e regole altamente complesse persino per musicisti molto esperti. È un genere apprezzato da pochi di solito, e capito da ancora meno persone (tra cui i fasulli intellettuali che dicono di amare Baudelaire, ma che al massimo nella loro vita hanno letto “Chi”).
I “Pantomima”, generano una proposta musicale che risulta essere ancora più complessa del genere citato precedentemente: un EP di synth-free-jazz. Sì, ok, bellissimo, ma in sostanza?
Questo trio figlio di Doremillaro, propone jazz con sfumature di elettronica (suonate dal polistrumentista Giuseppe Schillaci) ma tutto rigorosamente improvvisato in studio di registrazione. Spesso si dà un canovaccio di accordi, e da lì si parte fino a quando qualcuno non faccia intendere agli altri che il brano può essere chiuso. In questo EP molto articolato di 4 tracce (dal titolo “Introspective and Reflective EP”) un ruolo importante è quello del contrabbasso di Antonio Aiello, che riesce a far sembrare quasi spontanei cambi di tempo e di metrica molto spigolosi altrimenti, come ad esempio nella seconda traccia “Pantogroove in C”.
Da non sottovalutare neanche il lavoro del batterista Andrea Sciacca che dona il meglio di sé nella terza traccia del lavoro “Poliziesco in Si bemolle” con un tocco mai sporco che dà l’impressione di stare sempre al posto giusto nel momento giusto, come se stesse leggendo uno spartito che in realtà non esiste.
Tra cacofonie, dissonanze e sperimentazione, si dimostra di saper fare anche “qualcosa di pop” con l’ultima traccia “Theme from the Horror to Come” dove per quasi tutto il brano la band crea una vera e propria colonna sonora perfetta per qualsiasi film di Argento nel suo periodo d’oro.
Se devo citarvi un difetto, ammetto di non aver molto apprezzato la resa dei suoni, a tratti troppo sporca e gracchiante per i miei gusti, ma forse questo è dovuto al mio orecchio completamente abituato ad un altro genere di suono.
Il trio riesce a creare un’amalgama musicale che, nonostante la casualità, sembra fin troppo ragionata, un po’ come se volessero richiamare la follia di Captain Beefheart o dello Zappa più confusionario e sperimentale, ma probabilmente non c’ho capito un cazzo io, ed in quel caso il loro free-jazz sarebbe riuscito nell’intento primordiale di confondere, stupire e farmi associare il tutto a cose che non c’entrano nulla.
Un EP che vi consigliamo.
Magari lo troverete spigoloso, ma credo che un ascolto gratuito, ad un prodotto così articolato, deve essere dato.